Luna-16

Questa sonda fu il primo veicolo spaziale automatico a raccogliere un campione di suolo lunare e riportarlo sulla Terra. La missione americana Apollo 11 raccolse e riportò a Terra una quantità di materiale lunare più cospicuo. Ma a bordo della navicella c'era un equipaggio umano.

 

LE NAVICELLE LUNARI DI TERZA GENERAZIONE “E-8”

L'OKB-1 [Opitnoye Konstruktsioniye Byuro, ‘‘Ufficio di Progettazione Sperimentale’’] di Korolev iniziava ad essere troppo oberato dl lavoro. Così a partire dal 2 Marzo 1965, la gestione e realizzazione delle missioni lunari e interplanetarie — senza equipaggio — iniziarono ad essere trasferite all'NPO [Nauchno Proizvodstvennoye Obyedinyeniye, ‘‘Organizzazione di Produzione Scientifica’’]. Questo ente era stato creata alla fine degli anni 30 da Semyon A. Lavochkin (1900-60).

L'NPO Lavochkin da quel 2 Marzo 1965 era guidato da Georgi N. Babakin (1914-71). Probabilmente Korolev era anche amareggiato dall'incredibile serie di fallimenti registrati dalle missioni “E-6”. Quindi fu Babakin a varare la terza generazione di sonde lunari: “E-8”.

Queste sonde avevano un modulo inferiore comune [denominato KT, Korrektirujushhe-Tormoznogo cioè ‘‘Correzione-Frenaggio’’]; poi a seconda della missione, ci sarebbero stati tre diversi stadi superiori strumentali. In particolare, la versione “E-8” avrebbe portato un rover/“8EL” per fotografare ed esplorare la superficie lunare. La versione “E-8LS” avrebbe liberato un orbiter capace di studiare l'ambiente lunare e riprendere immagini della superficie. Infine la versione “E-8-5” sarebbe atterrata sulla Luna, avrebbe raccolto un campione di suolo lunare per poi riportarlo sulla Terra (missione di sample return in gergo astronautico).  Solo a fine 1967 tutta la documentazione del progetto “E-8” fu terminata e poté iniziare la costruzione dei modelli. Il via libera definitivo a queste nuove sonde lunari venne dato dal Consiglio dei ministri l'8 Gennaio 1969.

 

IL CENTRO DI CONTROLLO E GESTIONE DELLA MISSIONE

Come già ricordato, le missioni lunari dal 1963 furono "tracciate" prevalentemente dalle stazioni OKIK-10 di Simferopoli (distante 64,1 km da Yevpatoriya) e OKIK-14 di Schyolkovo (30,35 km d Mosca). Inoltre dal 1966, per le missioni lunari, il sistema avanzato di ricezione dati “Saturn” venne introdotto anche nei complessi OKIK: 3 (Sary Shagan), 6 (Yelizovo), 14 (Schyolkovo), 15 (Urssuriisk), 16 (Yelizovo), 23. Come per le altre missioni spaziali (Venera, Mars, Zond), il centro di controllo principale era quello di Yevpatoriya.  Comunque la "visibilità" delle sonde per l'antenne nel cielo della Crimea era di massimo 12 ore. Grazie al centro di Ussuriysk sul Pacifico si poteva prolungare la "visibilità", cioè avere la sonda sopra l'orizzonte, per un massimo di altre sei ore.

TENTATIVI PER LA MISSIONE “E-8-5”

1969 - Alle 04:01 del 14 Giugno, un Proton K/D (8K82K + “Blocco D”) decollò con a bordo una navicella “E-8-5”. I primi tre stadi funzionarono, ma il quarto stadio (Blocco D) che doveva far imboccare un'orbita di parcheggio terrestre fallì all'accensione. La causa di questa avaria fatale fu attribuita alla rottura in un circuito nel suo sistema di guida. Il razzo poco dopo si schiantò nel Pacifico. L'autorità sovietiche non gli dettero nemmeno la consueta denominazione. Mentre l'U.S.N.C.S. (U.S. Naval Command Satellite) classificò questa sfortunata sonda come Luna-1969C.

Alle 02:55 del 13 Luglio, un vettore Proton K/D con a bordo un'altra sonda “E-8-5”. Gli inserimenti, in orbita di parcheggio terrestre e nella traiettoria verso la Luna, furono completati con successo. Luna-15 si pose in una bassa orbita lunare (55 x 202 km; 123,5’; 126°) alle 10:00 del 17 Luglio. Nel frattempo Apollo 11, decollato il 16 Luglio alle 13:32, era a metà strada fra la Terra e la Luna. La NASA si lamentò con l'autorità sovietiche perché a suo dire, ci potevo essere delle interferenze fra Luna-15 e Apollo 11. Ma era un polemica pretestuosa e priva di fondamento. Come fecero notare i sovietici, le due navicelle usavano delle frequenze nettamente diverse. Per il downlink delle astronavi Apollo, la NASA utilizzava frequenze non superiori ai 296,8 MHz. Invece Luna-15 trasmetteva sui 922 MHz, mentre riceveva sui 768 MHz. Per evitare qualsiasi problema, i controllori a Yevpatoria (Crimea) "alzarono" la frequenza di ricezione. L'allunaggio era previsto per il 19 Luglio, un giorno prima dell'Apollo 11. Però alle 13:08 del 19 Luglio, l'orbita di Luna-15 fu alzata (95 x 221 km; 123,5’; 127°) e non ci fu l'allunaggio. Alle 14:16 del 20 Luglio, l'orbita venne abbassata drasticamente (16 x 110 km; 114’; 127°). Intanto, alle 20:17:40 Apollo 11 allunò nel Mare della Tranquillità. Il 21 Luglio durante l'orbita 52 fu deciso di far scendere Luna-15. Alle 15:46:43 il retrorazzo principale fu azionato e iniziò la discesa a 480 km/h. L'accensione doveva durare 267,3" fino ai 2,5 km di quota. Purtroppo al 237° secondo di accensione, alle 15:50:40, il segnale dal veicolo spaziale cessò improvvisamente. Fino ad allora i sistemi di bordo erano nella norma. Probabilmente Luna-15 si schiantò sul lato di una montagna alle coordinate 17° nord e 60° ovest — altre fonti indicano i 16° nord e 57° est — nel Mare delle crisi [Mare Crisium in latino]. Molto probabilmente il comando di accensione del propulsore di bordo venne inviato oltre la "finestra" prevista. Invece il  LEM di Apollo 11 lasciò la superficie lunare alle 17:54:01, l'equipaggio aveva raccolto 21,7 kg di campioni lunari. La capsula di rientro statunitense ammarò nel Pacifico alle 16:50:35 del 24 Luglio.

Alle 14:08 del 23 Settembre decollò un razzo Proton K-D con a bordo una sonda “E-8-5“. L'inserimento in un'orbita di parcheggio terrestre (184 x 189 · 88,2' · 51,5°) andò alla perfezione. Ma quando il quarto stadio dovette accendersi per la seconda volta in modo da immettere la sonda in traiettoria non successe nulla. Indagini successive rilevarono che la valvola d'iniezione del propellente si era bloccata dopo la prima accensione (quella per l'inserimento in orbita terrestre). Così l'ossigeno liquido nel “Blocco D” si perse nello spazio lasciando il serbatoio vuoto. L'autorità sovietiche assegnarono al Blocco D e la sonda “E-8-5” la consueta denominazione: oggetto Cosmos numero 300. Il 27 Settembre, durante la 67° orbita, Cosmos 300 rientrò nell'atmosfera disintegrandosi per l'attrito.

Alle 14:10 del 22 Ottobre decollò un razzo Proton K-D con a bordo una sonda “E-8-5”. L'inserimento in un'orbita di parcheggio terrestre (175 x 205 km · 88,4' · 51,5°) riuscì e l'oggetto fu temporaneamente denominato Cosmos 305. Ma alla riaccensione del quarto stadio, un'ora dopo il lancio, la telemetria andò fuori scala ed il collegamento si perse. Per due ore i controllori di volo cercarono di riguadagnare i contatti. Da Urssuriisk arrivò un rapporto dove veniva comunicato soltanto che la sonda aveva fallito l'uscita dall'orbita terrestre, ma era pure ricaduta nell'oceano vicino all'Australia! Indagini successive attribuirono l'avaria ad un errore di programmazione in uno dei blocchi radio-comandati. A quanto pare, non fu omesso un segno meno e così il Blocco "D" non si accese per la seconda volta.

1970 - Alle 14:16:06 del 16 Febbraio decollò un Proton K-D con a bordo una sonda “E-8-5”. Purtroppo un comando errato spense il secondo stadio dopo 127 secondi di volo (T + 127" ¦ 14:18:12). Così il razzo finì distrutto, questa sfortunata missione fu classificata dal U.S.N.C.S. come Luna-1970A. Dopo questo ennesimo fallimento, l'ente responsabile dei Proton revisionò e verificò il loro rendimento. In effetti nei 19 lanci del quattro stadi Proton K-D c'erano stati solo cinque successi (leggi uscita dall'orbita terrestre): Zond-4, 5, 6, 7 e Luna-15. Alle 03:45 dell'08.08.1970 un Proton 8K82K, ma senza “Blocco D”, completò un volo suborbitale diagnostico per verificare le modifiche apportate. A bordo del razzo fu posto un carico molto pesante (denominato “GVM 82EV”) per simulare la presenza di un carico scientifico. Il volo (denominato “82EV”) andò alla perfezione; così le sonde “E-8” avevano un vettore più affidabile, ma sempre capace di portare 5170 kg sulla Luna.

Una “E-8-5” era divisa in due moduli: quello inferiore di viaggio e discesa (lander in gergo astronautico) e di ascesa.

 

MODULO DI VIAGGIO E DISCESA [KT]

 

(1)

1. apparato di trivellazione del suolo

2. pistoni meccanici per l'apparato di trivellazione

3. capsula per il ritorno sulla Terra dei campioni lunari

4. antenne del modulo di ascesa

5. compartimento strumentale del modulo di ascesa

6. telefotometro

7. compartimento strumentale del modulo di discesa

8. antenna del modulo di discesa

9. ugelli per il controllo dell'assetto durante la discesa

10. serbatoi dei propellenti per il modulo di discesa

11. KTDU del modulo di discesa

12. braccio d'appoggio e ammortizzamento

13. base di contatto

14. ugelli per il controllo dell'assetto nell'ascesa

15. ugelli per il controllo dell'assetto

16. antenna omnidirezionale del KT

17. dispositivo per stivare i prelievi lunari

18. fascette per bloccare/sbloccare la capsula

19. serbatoi per il  modulo di ascesa.

Il modulo inferiore pesava "a secco" 1100 kg ed imbarcava oltre 3900 kg di propellenti (carburanti: dimetilidrazina asimmetrica e acido citrico; ossidante: tetrossido d'azoto). Questa notevole quantità di propellenti e ossidante era contenuta in due moduli distaccabili. Ogni modulo aveva due serbatoi di forma cilindrica (diametro: 0,592 metri; lunghezza: 1,302 metri). Attaccati sopra ogni serbatoio cilindrico c'erano quattro serbatoi sferici dal diametro di 88 cm. Entrambi i moduli distaccabili montavano anche dell'antenne.

In particolare, nel modulo 1 c'erano due micro-ugelli all'azoto compresso per il controllo dell'assetto. Mentre nel modulo 2 erano montati i sensori d'orientamento astrale ed il sistemi di controllo dell'assetto. Per risparmiare peso, i due moduli eiettabili venivano distaccati poco prima della discesa. I propellenti dei serbatoi cilindrici erano usati per il viaggio spaziale fino alla Luna, l'inserimento in orbita e le manovre di correzione orbitale. Invece per la discesa sul suolo lunare erano utilizzati i propellenti contenuti in quattro serbatoi sferici dal diametro di 88,4 cm. L'ossidante era del tetrossido d'azoto, mentre come carburante veniva usata l'UDMH (Unsymmetrical Di-Methyl Hydrazine, cioè dimetilidrazina asimmetrica).

(2)

 

(3)

 

Modulo eiettabile-1

 

Modulo eiettabile-2

 

Il sistema propulsivo KTDU-417 [Korrektiruiushaia Tormoznaia Dvigatelnaia Ustanovka, ‘‘Motore di Correzione della Traiettoria e di Frenatura’’] serviva per: le manovre di correzioni orbitali nel viaggio Terra-Luna, l'inserimento in un'orbita lunare temporanea e le correzioni orbitali. Le dimensioni di questo propulsore erano [cm]: 73 (diametro massimo) per 79 (lunghezza). Il peso del "motore" si attestava sui 80,6 kg ed il suo tempo di accensione massimo era di 650". Il dispositivo poteva essere riavviato 11 volte e forniva una spinta di 7,35-19,92 kN (0,75-1,92 tonnellate forza). Solamente per la discesa al suolo,venivano utilizzati i motori a bassa spinta (2,06-3,43 kN) del KTDU modello "417-B". Questo propulsore (sempre a UDMH e tetrossido d'azoto) aveva due camere di combustione. Il suo tempo massimo di accensione arrivava a 30". Il KTDU aveva un ampio scarico che gli permetteva di non contaminare il luogo dell'allunaggio. Altri quattro scarichi lungo il perimetro della base permettevano la stabilità nella discesa.

Le dimensioni del KT: erano [cm]: 230 (altezza), 320 cm (larghezza) e 330 cm (profondità). La sezione centrale era occupata dal compartimento strumentale toroidale. In quell'alloggiamento pressurizzato c'erano: sistemi di controllo giroscopico e computerizzato, sistemi per la stabilizzazione, dispositivi elettronici del sistema di orientamento, dispositivi temporizzatori programmati, batterie chimiche, convertitori di corrente, sistemi di controllo della temperatura, complesso radio con trasmettitori e ricevitori.

Per il controllo dell'assetto durante l'orbita e nella discesa, erano utilizzati i micro-ugelli che spruzzavano azoto compresso. Come sistema ausiliario per la discesa c'era un altimetro radio una specie di radar, che stava fra i due moduli distaccabili. Le telecomunicazioni avvenivano sui 922,76 MHz per la trasmissione e 768 MHz per la ricezione grazie utilizzando un'antenna omnidirezionale.

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Schema della sonda prima dell'allunaggio:

1. capsula di ritorno

2. compartimento strumentale per l'ascesa

3. serbatoi dei propellenti per il razzo di ritorno

4. ugelli di controllo

5. compartimento strumentale per la discesa

6. propulsore del razzo Luna-Terra

 7. motori del modulo di discesa

8. serbatoi dei propellenti

9. telefotometro

10. asta semovente

11. dispositivo di prelievo

 

STRUMENTAZIONE SCIENTIFICA:

 

1. telecamere;

2. rilevatore di radiazioni;

3. GZU [GruntoZabarnoye Ustroistvo, ‘‘Dispositivo per la raccolta di campioni di suolo’’].

1. era composto da un paio di fotomultimetri FEU-96, più stabili e sensibili di quelli usati nelle missioni precedenti. Queste venivano messe a fuoco rispetto al punto del prelievo che poi veniva anche illuminato da speciali luci. Questi dispositivi erano dotati di controllo automatico del guadagno che monitorava l'"uscita" (output in gergo).

(5)

 

La risoluzione di questa coppia stereo era di 300 righe x 6000 colonne. Inoltre le due telecamere avendo una enorme capacità di amplificare la luce potevano riprendere sia il cielo che la navicella.

2. avrebbe raccolto dati sulle radiazioni solari e cosmiche, da inviare poi a Terra. L'esperimento sarebbe stato operativo fino all'esaurimento delle batterie chimiche a bordo del KT. Probabilmente il dispositivo scientifico era dello stesso tipo di quello montati sulle sonde sovietiche della serie “E-6”.

3. Il braccio a comando remoto poteva fare due movimenti: elevazione di 110° e rotazione di 180° della trivella attaccata ad un "polso". Ci volevano 12 minuti per portare il "braccio" dalla posizione di volo a quella di scavo. All'estremità del manipolatore c'era un cilindro che contenente la trivella e due motori elettrici (uno per la rotazione, uno per l'elevamento della punta).

(6)

Schema della trivella: 1. apparecchiatura della trivella; 2. impianto di trivellazione e prelievo; 3. alloggiamento per la rotazione della trivella; 4. rotore della trivella.

 

 

Il dispositivo di trivellazione e raccolta dei campioni di suolo attaccato al "braccio" meccanico automatico

(7)

La trivella cava poteva ruotare alla velocità di 500 giri/minuto, l'esterno della punta era lubrificato con dell'olio sintetico speciale che sublimava (passaggio da stato solido a stato gassoso) nel vuoto.

(8)

Schema del prelievo: 1. capsula di ritorno; 2. posizione iniziale; 3. dispositivo per ammortizzare le vibrazioni della trivella; 4. posizione di prelievo

L'interno della trivella aveva una forma ad elica in maniera che la polvere più fine non cadesse fuori durante la rimozione del campione. Quando la trivellazione sarebbe terminata, il cilindro contenente i campioni lunari li avrebbe introdotti nella capsula di ritorno.

MODULO STRUMENTALE

Alla sommità del KT era posizionato il modulo strumentale, cioè quello di ascesa. Il propellente (acido citrico) era contenuto in tre serbatoi sferici. Quelli perimetrali avevano un diametro di 48,6 cm; mentre quello centrale era più ampio: 56,8 cm. Nel modulo c'erano anche: un compartimento strumentale, un propulsore KRD-61 [Kosmičeskij Raketnyj Dvigatel, ‘‘Motore spaziale a razzo’’] e la capsula di ritorno (diametro: 50,8 cm; peso: 39,91 kg).

Nel alloggiamento interno trovavano posto: sistemi di controllo giroscopico e computerizzato, complesso radio (trasmettitore, ricevitore, decodificatore, dispositivo temporizzatore programmato), batterie chimiche da 14 Ah, convertitore di corrente, strumenti per l'automazione di bordo. In particolare, il sistema di controllo permetteva di memorizzare le coordinate per il momento del decollo e stabilizzava l'ascesa. Per questo c'erano due giroscopi: uno per le accelerazioni longitudinali e l'altro per la stabilizzazione e il preciso spegnimento del KDR. Sul perimetro esterno del compartimento strumentale c'erano quattro antenne disposte a croce: le due più lunghe (57 cm) erano riservate per la ricezione (sui 115,8 MHz), mentre le altre due (36 cm) venivano utilizzate per la trasmissione sui 101,965 e 183,537 MHz.

(9)

 

Schema delle antenne in dotazione al modulo di ascesa

Il KDR aveva un diametro di 55 cm, era alto 71 cm e all'incirca pesava 41,8 kg. La sua spinta a vuoto raggiungeva o 18,8 kN ed il tempo di accensione massimo era di 53". Anche questo propulsore usava come carburante l'UDMH e come ossidante il tetrossido d'azoto. Il sistema propulsivo era distinto in un motore principale e quattro camere di combustione laterali per guidare la spinta. Il KDR doveva imprimere al modulo di ascesa una velocità di fuga (rispetto alla Luna) pari a 2,68 km/s. Conseguentemente il modulo di ascesa non doveva pesare più di 521,63 kg (comprensivi anche dei campioni lunari raccolti).

Il volo Luna-Terra sarebbe stato solo balistico cioè senza correzioni della traiettoria. La capsula di ritorno era fissata con fasce metalliche sulla cima del modulo di ascesa. Quando il modulo di ascesa fosse stato a circa 50.000 km alla Terra un comando radio avrebbe ordinato il distacco della capsula con i campioni lunari.

 

(10)

 

 

CAPSULA DI RITORNO

 

La capsula pesava "a secco" circa 39 kg ed aveva un diametro di 50 cm. In particolare il suo interno era diviso in tre parti isolate e distinte. Nella sezione superiore c'erano: la struttura con i paracaduti (quello pilota e quello principale), le quattro antenne elastiche trasmittenti (per "seguire" la capsula da Terra) e due palloni cilindrici di colore (per "evidenziare" la capsula e farla localizzare dalle squadre di recupero). Il paracadute pilota aveva un'area di 1,5 m²; mentre quello principale era ampio 10 m². Nella sezione mediana c'era il contenitore dei campioni lunari; questa struttura cilindrica veniva ermeticamente sigillata subito dopo l'introduzione dei campioni.

 

(11)

Una capsula tipo quella di Luna-16 che giace a terra dopo essere stata lanciata da un aereo durante un test.

(12)

Infine nella sezione inferiore c'erano: la batteria chimica, i trasmettitori radar (per rilevare della Terra e così aprire i paracaduti), i dispositivi d'automazione ed un'unità programmata di bordo (per controllare il corretto dispiegamento dei paracaduti). I trasmettitori operavano rispettivamente sulle frequenze di 114,17 e 121,5 MHz; la capacità della batteria allo zinco era di 4,8 Ah. La disposizione di questi apparati era tale che il centro di gravità della capsula era dislocato verso il basso, dove lo scudo termico ablativo era più spesso. La capsula poteva sopravvivere ad una decelerazione di 350 g e ad una temperatura sul suo scudo termico di diecimila gradi.

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"Spaccato" schematico della capsula di ritorno:

1. compartimento interno

2. scudo termico

3. copertura della sezione dei paracaduti

4. sezione dei paracaduti

5. contenitore per i campioni di suolo lunare

6. copertura ermetica del contenitore

 7. batterie chimiche

8. trasmettitori radar

9. commutatore dell'antenne

10. antenne

L'intero veicolo spaziale pesava al lancio ben 5727 kg. La sua altezza dalle "zampe" alla sommità della capsula di ritorno era di 3,96 metri. La lunghezza arrivava a 310 cm, mentre il diametro massimo (comprese le "zampe" di allunaggio) arrivava a 396 cm. La variazione di velocità ricavabile dai 3900 kg di propellenti (contenuti in undici serbatoi) era di ben 5,4 km/s!

(14)

 

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Vista laterale

Vista posteriore

ALTRE COSTRIZIONI

Questa missione aveva altre costrizioni da rispettare: l'allunaggio doveva avvenire in una ristretta zona ad est dell'Equatore lunare, dove la forza di gravità era/è meno forte. Il decollo dalla superficie lunare doveva avvenire quasi sulla verticale locale. Il massimo di scostamento, rispetto all'asse longitudinale del KT, non doveva superare i 25°. L'accensione del KDR doveva essere continua e costante fino all'esaurimento del propellente. Alla fine del suo compito doveva necessariamente staccarsi dalla capsula di ritorno.

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Disegno esemplificativo della missione

Alle 13:25:53 del 12 Settembre 1970 un Proton 8K82K decollò con a bordo una navicella “E-8-5”. Alle 13:36:23 il vettore si pose in un'orbita di parcheggio terrestre (185 x 212,2 km · 88,7' · 51°,36’). Alle 14:36 l'ultimo stadio indirizzò Luna-16 in una traiettoria verso il nostro satellite. I parametri orbitali della sonda furono ricevuti in 26 sessioni di collegamento e vennero elaborati dal centro di calcolo. Questi fornì i parametri essenziali per la manovra di correzione della traiettoria: direzione, attimo dell'accensione e durata.

Il 13 Settembre un comando da Terra ordinò al KTDU di accendersi per 6,4". Fu una manovra propulsiva così perfetta che non servì altre. Basti pensare che un errore di 1 m/s nella velocità impressa (lo 0,01% di quella potenzialmente apportabile) avrebbe fatto mancare la Luna di oltre 300 km!

Alle 23:38:14 del 16 Settembre il KTDU si accese per  236"; così Luna-16 s'inserì in orbita selenocentrica (102,6 x 118,6 km · periodo: 1 ora, 58’, 53" · inclinazione rispetto all'Equatore: 70°). Dopo circa 36 orbite, il 18 Settembre, un'altra accensione modificò i parametri orbitali, che diventarono: 20,8 x 109,4 km · 70° d'inclinazione.

 

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Un'altra accensione del KTDU (da 270") fu attuata alle 08:11 del 19 Settembre. L'orbita diventò: 11,86 x 104,6 km · 1 ora e 54' · 71°. Furono necessari vari controlli per cercare il punto e il momento giusto per l'allunaggio. I responsabili della missione non volevano ripetere il fallimento di Luna-15. Così lasciarono la navicella in orbita un giorno in più per studiare meglio la gravità lunare. La discesa sulla superficie sarebbe avvenuta appena fosse stato raggiunto il perilunio.

- 20 Settembre 1970 -

 

| Sbarco e raccolta di materiale lunare |

 

(19)

Alle 03:06 il calcolatore di bordo ordinò l'inizio della sequenza di discesa. Alle 03:41 Luna-16 passò dietro la Luna per completare la sua ultima orbita. Le comunicazioni radio naturalmente s'interruppero. Alle 04:31 i collegamenti furono ripristinati. Per risparmiare peso, i moduli iniettabili 1 e 2 furono distaccati dietro comando. Ai 13,28 km di quota, il KTDU bruciò per 267". Così la velocità orbitale della navicella, rispetto alla Luna, passò da 1,7 km/s (6115,6 km/h) a zero. Senza velocità orizzontale, dai 2,45 km di quota il veicolo spaziale si trovò in un "corridoio" verticale a caduta per i successivi 43 secondi. Alle 05:12, a 610 metri dalla superficie e con una velocità di discesa pari a 708 km/h (196 m/s), il calcolatore ordinò un'altra accensione del KTDU. Iniziava così la seconda fase dell'allunaggio. La spinta dei propulsori "a bassa spinta" teneva il KT sulla verticale in base al programma di volo. I dati necessari venivano ricavati sia dall'altimetro radar che dal tachimetro “AA-018”. All'altezza di 20 metri dal suolo lunare, i propulsori del KTDU si spensero definitivamente. Comunque, fino a 2 metri dalla superficie, rimanevano accesi i piccoli motori di manovra (disposti in maniera da non contaminare il suolo con i loro scarichi). Poi seguì la caduta libera "a mattone". Esattamente alle 05:18:00 Luna-16 allunò ai 0° 41’ (0,68°) latitudine sud e 56° 18’ (56,30°) longitudine ovest nel Mare della fertilità [Mare Foecundatis in latino]. Il punto dell'allunaggio era a 1,5 km da quello inizialmente previsto. La velocità d'impatto al suolo venne stimata in 2,5 m/s (9 km/h). La massa del lander si era ormai ridotta a 1880 kg. Così dopo 68 sessioni di collegamento ed a quasi otto giorni dal lancio, una sonda sovietica era pronta a raccogliere un campione di suolo. Comunque si voleva prima valutare le condizioni del suolo intorno al modulo di discesa.

 

(20)

 

Siti di allunaggio delle sonde Luna lanciate fra il 1959 e il 1976

Però nella zona dell'allunaggio, circa 100 km ad ovest del cratere Webb, era ormai notte. Probabilmente i riflettori del landersempre ammesso che ci fossero — non funzionarono. Così i due telefotometri, pur avendo  un'elevata capacità di amplificare la luminosità, non poterono riprendere molto. Sembra che esistano una serie di immagini, peraltro non pubblicate, dove si vedono solo poche macchie di luce, riflesso della Terra. La notizia che il radiotelescopio spaziale di Bochum abbia captato immagini nitide è quindi falsa. Inoltre l'allunaggio in piena notte non era voluto.

Purtroppo le discrepanze di traiettoria avevano causato un ritardo di 60 ore rispetto al tramonto locale. Senza alcun immagine di guida, la raccolta venne fatta alla cieca. Alle 06:03 iniziò il carotaggio; i controllori di volo capirono dalla telemetria ricevuta che la resistenza del suolo alla trivella aumentava con la profondità. Ad un certo punto la telemetria ricevuta diminuì vistosamente, che si fosse rotta la trivella? Dopo 7’ furono raggiunti i 35 cm di profondità. Fortunatamente non c'erano danni al sistema di trivellazione, ma la roccia era troppo dura. La squadra di controllo decise di terminare lo scavo; dopotutto erano stati raccolti 102,05 grammi. Con gli opportuni comandi il braccio si riportò nella posizione iniziale, il campione fu posto nel compartimento della capsula di ritorno e ivi sigillato. Per preparare il viaggio di ritorno, fu necessario determinare sia l'esatta posizione del lander che la precisa l'inclinazione del modulo di ascesa rispetto al suolo lunare.

(21)

  L'ascesa del modulo di ritorno

Dopo un'attesa di 26 ore e 25’, alle 07:43:21 del 21, si aprì la breve finestra di lancio. Un comando da Terra ordinò l'accensione del KRD-61; il propulsore impresse al modulo di ascesa una velocità di 2,708 km/s (9749 km/h). Intanto il modulo di discesa continuò a trasmettere dati sulle radiazioni e la temperatura per qualche giorno finché le batterie non si esaurirono.

Alle 7 del 22 il modulo di ascesa era sempre molto distante: 306.000 km. Alle 08:40 del 23 il veicolo spaziale era a 185.000 km dalla Terra. Intanto, nel modulo di ascesa e nella capsula, la pressione e la temperatura si mantenevano nella norma: 1 atmosfera ed 1 °C.

(22)

 

  Il distacco della capsula di ritorno dal modulo di ascesa

Alle 01:50 del 24, a circa 48.000 km dalla Terra, la capsula si separò dal modulo di ascesa. Alle 05:10 entrò nell'atmosfera terrestre con un angolo di 30° alla velocità di 10,94 km/s (39.396,74 km/h). La forza di accelerazione sopportata dalla capsula fu stimata in 350 g. All'altitudine di 14,5 km il barometro comandò il distacco della copertura superiore. Alle 05:14 emerse un piccolo paracadute pilota seguito da quello principale (per stabilizzare la discesa). Agli 11 km di quota si estesero le quattro antenne elastiche che inviavano segnali per la localizzazione. Una squadra di elicotteri intanto seguiva la discesa. Alle 05:26 la capsula atterrò senza danni 80,5 km a sud-est della città di Dzhezkazgan, in Kazakistan.

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24.09.1970, Kazakistan (URSS) - La capsula di ritorno fotografata al suolo

 

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Una mappa dei luoghi dove atterrarono le capsule delle missioni Luna-16, 20 e 24

 

La capsula fu portata con un elicottero a Mosca, precisamente nell'istituto “Vernadsky” di geochimica e chimica analitica. Lì era stato allestito un laboratorio d'analisi chimica. Il contenitore di campioni lunari fu dissaldato in una camera sterile riempita di elio. La composizione dei campioni risultò essere leggermente diversa da quelli raccolti dalle missioni Apollo 11 e Apollo 12. L'unica differenza rilevante era una minore percentuale di ossido di titanio.

 

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L'intero campione raccolto

 

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Tre grammi di suolo raccolti da Luna-16 furono scambiati con tre provenienti dall'Apollo 11 e due dall'Apollo 12. Meno di 0,2 grammi furono donati all'ultima vedova di Korolev (che si era sposato tre volte prima di morire a 59 anni nel 1966). L'11 Dicembre 1993 si tenne l'asta per vendere questo materiale lunare. A New York i 0,2 grammi furono venduti per 442.500 $! Se lo stesso prezzo fosse applicato per i 380 kg di suolo lunare raccolti dalle missioni Apollo, allora il ricavato sarebbe stato di ben 840.750.000.000 $!

 

LA QUESTIONE DEI "BATTERI FOSSILI" NEL CAMPIONE

 

Nella conferenza di astrobiologia a Denver (Colorado), tenuta fra il 20 e 22 Luglio 1999, furono pubblicate le nuove analisi sui campioni raccolti da Luna-16. Nella stessa conferenza alcuni scienziati russi annunciarono di aver trovato fossili microbiologici nei campioni.

 

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Il presunto microfossile trovato in un campione; sembrava simile al microrganismo Phormidium frigidum

Nel Marzo 2000, durante la conferenza di scienza planetaria e lunare tenuta a Houston (Texas), fu annunciato che quei campioni lunari e certi meteoriti marziani erano "contaminati". Praticamente i microrganismi terrestri che sono nelle mani delle persone possono facilmente colonizzare i campioni prima che questi vengono analizzati. Inoltre la fossilizzazione di questi germi in dei campioni "non terrestri" può accadere in pochi giorni.

 

 

FONTI, RIFERIMENTI, LINK DEL MATERIALE UTILIZZATO PER QUESTA SCHEDA

 

 

x DISEGNI, SCHEMI, MAPPE, FOTO:

 

- disegno (1): Alessandro Braccesi / Giovanni Caprera / Margherita Hack, “ALLA SCOPERTA DEL SISTEMA SOLARE” pagina 85 e Centro documentazione Mondadori, Milano.

- disegno (2): LINK, vedi nota 1;

- disegno (3): LINK, vedi nota 1;

- schema (4): LINK, vedi nota 2;

- foto (5): LINK;

- schema (6): LINK;

- foto (7): LINK;

- schema (8): LINK, vedi nota 3;

- foto (9): LINK;

- disegno (10): LINK, vedi nota 4;

- foto (11): LINK;

- disegno (12): LINK, vedi nota 1;

- schema (13): LINK, vedi nota 1;

- disegno (14): LINK, vedi nota 1;

- disegno (15): LINK, vedi nota 1;

- disegno (16): LINK;

- schema (17): LINK;

- schema (18): LINK, vedi nota 2;

- schema (19): LINK, vedi nota 2;

- mappa (20): LINK;

- disegno (21): LINK;

- disegno (22): LINK;

- foto (23): LINK, vedi nota 5;

- mappa (24): LINK;

- foto (25): LINK, vedi nota 1;

- foto (26): LINK;

- foto (27): LINK.

 

nota 1: dato che il disegno/schema era contenuto in un unico elemento grafico, ho dovuto necessariamente ritagliarlo.

nota 2: dato che lo schema conteneva del testo in cirillico, mi sono permesso di cancellarlo. Anche questo schema era contenuto in un'unica immagine, quindi è stato necessario ritagliarlo.

nota 3: in questo schema ho introdotto un'area sensibile.

nota 4: dato che il disegno conteneva del testo in francese, mi sono permesso di cancellarlo.

nota 5: per motivi di chiarezza ho dovuto ritagliare la foto.

 

x il TESTO:

 

• National Space Science Data Center, luna1969c (Luna-1969C);

• National Space Science Data Center, 1969-058A (Luna-15);

• National Space Science Data Center, apollo11info (Apollo 11);

• National Space Science Data Center, 1969-080A (Cosmos 300);

• National Space Science Data Center, 1969-092A (Cosmos 305);

• National Space Science Data Center, luna1970a (Luna-1970A);

• National Space Science Data Center, 1970-072A (Luna-16);

• Space.40, 1969-058A [NB: testo in ceco];

• Space.40, 1969-080A;

• Space.40, 1969-092A;

• Space.40, 1970-072A;

• Zarya (“Luna-16”), LINK;

• Zarya (“Exploring the moon”), LINK;

• Zarya (“1969 Space Activities”), LINK;

• Zarya (“1970 Space Activities”), LINK;

• AstroLink.de, LINK [NB: testo in tedesco];

• Epizodsspace.narod.ru, Biblioteka, 1971 - LINK [NB: testo in cirillico];

• Deep Space Chronicle, 1969 - LINK [file .pdf];

• Deep Space Chronicle, 1970 - LINK;

• Paolo Ulivi (“L'ESPLORAZIONE DELLA LUNA”, 28.12.2002), pagg. 199-205;

• Gran Tour! (“Object E”), LINK;

• Homepage of Don Mitchell (“The soviet exploration of Venus”, “Soviet telemetry system”), LINK;

• Homepage of Don Mitchell (“The soviet exploration of Venus”, “Soviet space cameras”), LINK;

• Homepage of Don Mitchell (“Soviet Moon Images”), LINK;

• Sven's space place (“The radio system of the Luna-15-24 series”), LINK;

• Sven's space place ("Notes on the design and flight profile of the Luna-15-24 series”), LINK;

• Sven's space place (“Space Frequency Listing, 700-1600 MHz, Downlink”), LINK;

• Sven's space place (“The Soviet/Russian Deep Space Network”), LINK;

• Encyclopedia Astronautica (“Luna Ye-8-5”), LINK;

• Encyclopedia Astronautica (“KTDU-417”), LINK - ;

• Encyclopedia Astronautica (“KTDU-417-B”), LINK;

• Laspace.ru, (“Luna-15") - LINK [NB: testo in cirillico];

• Laspace.ru, (“Luna-16") - LINK;

• Panspermia.org (“27 October 2000: Microorganisms from the Moon”), LINK;

• Aeronautics.ru (“Russian space engines: Russia”) - LINK;

Planet4589.org (“Russian engines”), LINK;

• Jodrell Bank Observatory (“Jodrell Bank's role in early space tracking activities - Part 2”), LINK;

• 4Reference.net (“Luna-16”), LINK;

• Asif A. Siddiqi, (Challenge to Apollo: the Soviet Union and the space race, 1945-1974), pagg. 189-187, LINK [file pdf · 64 MB · 1034 pagine];

• The electonic journal of astronomical society of the Atlantic: volume 7, number 1 - January 1996.

 

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